Boom della nuda proprietà
Nel 2023 le compravendite di nuda proprietà sono salite dell'1,7% a fronte di un calo generale del mercato del 9,7%. Le Acli dichiarano: "Gli anziani fanna fatica ad affrontare le spese di welfare". Inoltre cresce l'interesse degli acquirenti per la nuda proprietà.
La necessità è la stessa per tutti: poter contare su un’alta somma di liquidità a stretto giro. Le esigenze possono essere diverse, anche se nella maggior parte dei casi si riducono a due: avere i soldi per potersi permettere cure e assistenza con l’età che avanza e/o aiutare i figli in difficoltà economica. Nell’Italia che sta diventando sempre più vecchia e più povera, in cui si fa fatica a garantirsi servizi di welfare adeguati alle necessità, sta emergendo con forza un trend: il boom delle vendite di case in nuda proprietà. Si tratta di quella soluzione che prevede la vendita della proprietà dell’immobile a un acquirente, ma con il venditore che conserva il diritto di abitarci per l’intera esistenza (salvo altre scadenze fissate nell’atto notarile).
Sono anzitutto i numeri a confermare che questo fenomeno sta progressivamente crescendo. Dal rapporto 2024 dell’Omi (Osservatorio mercato immobiliare) risulta che lo scorso anno, mentre le compravendite complessive sono state poco meno di 710mila unità, ovvero in calo del 9,7% rispetto al 2022, le operazioni in nuda proprietà sono aumentate dell’1,7%. Circa un terzo degli scambi è concentrato nel Nord Ovest. Il tasso di variazione delle compravendite di nuda proprietà rispetto al 2022 è maggiore nei comuni capoluogo (+2,9%), mentre nei comuni minori è pari a +1,2%. Chiaramente le compravendite di nuda proprietà rappresentano una quota marginale sul totale (il 3,9%), tuttavia il fenomeno non può essere ignorato. Anche se va detto che, pur in assenza di statistiche ufficiali, gli esperti del settore concordano che c’è una fetta consistente di transazioni legittime di nuda proprietà che avvengono nell’ambito familiare per ragioni di risparmio fiscale e scelte legate al riassetto del patrimonio.
A lanciare un allarme sulla povertà e le fragilità legate alla casa, con anziani che vendono l’immobile (ma non l’usufrutto) per pagare le badanti, sono state nei mesi scorsi anche le Acli. Con un “sos” partito da Bologna e che si è poi allargato anche al resto del territorio nazionale, le Acli hanno segnalato una crescita delle vendite di nuda proprietà che si nota anche nelle dichiarazioni dei redditi, nell’Isee e nei vari servizi svolti nei Caf. «Il trend c’è già e probabilmente è destinato a salire nei prossimi anni - afferma Simone Zucca, direttore della rete dei Caf Acli -. Dagli incontri con i nostri clienti emerge chiaramente una difficoltà crescente nella gestione delle spese legate all’assistenza a fronte di una redditività che fa fatica a tenere il passo con le risorse necessarie per il welfare». A volte per un anziano in difficoltà economica possedere una casa non rappresenta più un’immagine di ricchezza, un bene da tramandare, ma un asset da cui “liberarsi” per tagliare le spese correlate all’immobile, per diminuire il valore dell’Isee e per liberare risorse per servizi di assistenza sempre più cari.
Il fenomeno delle vendite di nuda proprietà si intensifica nelle grandi città «sia perché il valore delle proprietà immobiliari è più alto sia perché nelle aree interne e nei piccoli comuni c’è uno stato sociale fatto di relazioni più forti che nell’assistenza agli anziani riduce il ricorso alle badanti e il numero di ricoveri in case di riposo.