SPI-CGIL Lega 12 - Nichelino Vinovo Candiolo

      

 

labirinto con incognite

INCOGNITE
                D'AUTUNNO

Pensioni, lavoro disuguaglianze, non autosufficienza, sanità. E ancora premierato, autonomia differenziata, giustizia. Europa, guerra. Sono tante le questioni sul tavolo che andranno affrontate nei prossimi mesi. Ne abbiamo discusso con la segretaria dello Spi Cgil, Tania Scacchetti
a cura di Fabrizio Bonugli

Sono trascorsi due anni da quando la destra è arrivata al governo e Giorgia Meloni si è insediata a Palazzo Chigi. Tante le promesse fatte in campagna elettorale, alle quali però hanno fatto seguito scarsi risultati. Prevalentemente concentrato su provvedimenti securitari e su riforme definite "epocali", come l'autonomia differenziata e il premierato, che rischiano di scardinare il sistema istituzionale così come previsto dalla Costituzione, l'esecutivo ha "perso di vista" i problemi che affliggono milioni di lavoratori e pensionati. Lavoro precario e insicuro, aumento della povertà, potere d'acquisto delle pensioni in affanno, legge sulla non autosufficienza dimenticata nei cassetti sono argomenti che avrebbero bisogno di un'attenzione e di una cura che, diciamolo pure, non rientrano nei piani della destra al potere. La quale, al contrario, grazie ai condoni e alle agevolazioni, favorisce l'evasione fiscale e strizza più di un occhio a quegli imprenditori, o presunti tali, che vivono come inutili e fastidiosi impicci le normative su appalti, sicurezza sul lavoro, contratti regolari. E ora - trascorsa l'estate, durante la quale il nostro paese, a causa delle scelte della destra, ha perso centralità anche in Europa - i problemi tornano sul tavolo. Su cosa accadrà nei prossimi mesi e su come lo Spi e la Cgil si porranno nei confronti del governo, abbiamo discusso con la segretaria generale dei pensionati Cgil,

» A due anni dall'insediamento del governo Meloni, che bilancio ti senti di fare?

«II bilancio è molto negativo, e non riguarda soltanto singoli provvedimenti del governo, ma anche molte delle sue idee fondanti. Le questioni principali sono tre. La prima è quella del sistema di relazioni: il governo non coinvolge le parti sociali se non quando le decisioni sono state già prese.

Foto di Tania Scacchetti
Tania Scacchetti, segretaria generale
dello SPI Cgil

La seconda riguarda le misure che riducono gli spazi di partecipazione democratica, cambiando la natura del rapporto fra cittadini e istituzioni e pregiudicando la tenuta democratica del paese: l'occupazione dei mezzi di informazione pubblica e degli organi statali; le misure che limitano il diritto di espressione e di dissenso; le misure che contrastano con i principi di solidarietà, come ad esempio i provvedimenti sull'immigrazione. La terza questione riguarda il modello sociale ed economico alla base delle scelte del governo. Queste sono orientate a soddisfare una determinata fascia della popolazione e spesso sottintendono l'idea che siccome le imprese danno lavoro allora non vanno disturbate bisogna lasciare che facciano quello che vogliono. Questo si traduce in una contrazione del ruolo del governo pubblico nell'economia, nelle politiche industriali, in quelle sociali e sanitarie. Un esempio su tutti: la legge delega sul fisco che ha una natura profondamente regressiva e che, grazie ai condoni, aiuta gli evasori».

» Lavoro povero, precario e senza diritti; povertà in aumento; pensioni al palo; legge sulla non autosufficienza senza adeguati finanziamenti: in questo scenario quali sono i margini di manovra del sindacato?

«Indubbiamente si sono consolidati le diseguaglianze e il peggioramento delle condizioni del lavoro dipendente, dei ceti medio-bassi. Una condizione non di oggi, ma che viene da lontano, così come la svalorizzazione del lavoro quale elemento di dignità e di emancipazione. Va detto che, essendo processi che vengono da lontano, non è giusto imputarli tutti al governo pro tempore. È vero però che le grandi trasformazioni - ambientale, climatica, digitale-impongono alla politica di fare scelte che vadano verso la riduzione delle diseguaglianze. Varie sono le questioni in campo. In primo luogo, ci sono le politiche pensionistiche e la tenuta del reddito dei pensionati per garantire il loro potere d'acquisto.»

«Lo Spi e la Cgil continueranno la mobilitazione per proporre, un'idea alternativa che rimetta al centro i diritti, il lavoro, la salute, l'uguaglianza, i salari, le pensioni»

«Poi c'è la tutela della salute di una popolazione che invecchia, e le cui fragilità aumentano, alla quale è necessario garantire cure e dignità. A queste si affianca la necessità di interrogarsi sulla qualità del lavoro, in particolare di quello delle nuove generazioni. Noi siamo un paese che fa pochi figli, invecchia molto velocemente, ma fatica a trattenere i giovani per mancanza di prospettive. Noi continueremo nella mobilitazione, a provare ad avere voce nelle scelte politiche, ma anche a proporre un'idea alternativa da concretizzare nella nostra attività negoziale nei territori e a livello nazionale».

» L'autonomia differenziata è legge. Il premierato e gli interventi sulla giustizia continuano il loro cammino: quali saranno i risultati di queste riforme?

«L'esito di queste scelte è il cambio della forma dello Stato e di governo del nostro paese. Queste riforme sono il suggello istituzionale a una deriva autoritaristica del governo, e se andranno in porto dobbiamo avere la consapevolezza che l'Italia repubblicana definita nella Costituzione non sarà più la stessa. Il governo le propone come necessarie per rilanciare la competitività e garantire la governabilità. Le persone devono sapere che riguardano la loro condizione di vita e le scelte economiche e politiche. Prendiamo ad esempio la prima di queste riforme, l'autonomia differenziata, contro la quale è già in corso la campagna per il referendum abrogativo promossa da un fronte molto largo. Questa non fa altro che aumentare e legittimare i divari esistenti fra ricchi e poveri, marginalizza le classi sociali più deboli e indica un modello competitivo fra le istituzioni dal quale le persone che rappresentiamo - e non solo loro - hanno tutto da perdere. L'autonomia differenziata legittima le disgregazioni e le diseguaglianze, e danneggia anche il Nord del paese. Noi siamo fermamente contrari e lo stesso vale per il premierato: un modello che renderebbe il nostro paese un'anomalia in tutto il mondo».

» Le elezioni europee di giugno hanno spostato l'asse dell'Unione verso destra. Quale Europa ci aspetta?

Cipputi di Altan«La buona notizia è che c'è un fronte composto da liberali, popolari, verdi, socialisti e democratici che regge come maggioranza del governo dell'Europa. Quindi non c'è stato quello sfondamento che qualcuno temeva. C'è stata una crescita di alcuni partiti di destra anche in paesi che hanno fondato l'Unione europea, come Germania e Francia. E tempo di grandi trasformazioni, ma anche di impoverimento di una parte significativa della popolazione. È anche un impoverimento di prospettiva di un continente che ha guidato insieme agli Stati Uniti lo sviluppo negli ultimi decenni e adesso invece rischia di essere trascinato dalle scelte di altri paesi o continenti che hanno un peso maggiore del nostro nell'economia, nella ricerca, nell'innovazione tecnologica. L'Europa non ha trovato il modo per sviluppare in pieno il suo progetto originale, nel quale la competitività e la crescita economica si sono sempre accompagnate alla crescita del benessere, e sociale, in cui diritti, competitività ed economia andavano insieme. Ma negli ultimi anni hanno prevalso le logiche di austerità e di chiusura dei singoli paesi e quindi la competizione anziché la cooperazione. L'Europa per essere forte e per continuare a imporre un modello di democrazia ha bisogno di costruire più percorsi comuni anche su temi come le politiche fiscali e il lavoro. La strada è tornare a essere l'Europa degli anni della pandemia, l'Unione che ha rimesso in moto gli investimenti, ha provato a dare messaggi di costruzione, di solidarietà, di contrasto alle disuguaglianze.»

» Uno sguardo alla politica. Il risultato alle elezioni europee ha riacceso, in parte, le speranze della sinistra italiana. Cosa dovrebbe fare questa per ritrovare unità e ricostruire i rapporti con le persone che intende rappresentare?

«Intanto penso che dobbiamo riscoprire anche nella mobilitazione individuale degli attivisti di chi sta in un sindacato, la passione politica come passione civile. Veniamo da anni nei quali si sono un po' allentati i vincoli ideali. È una questione sulla quale riflettere, così come anche il sindacato deve riflettere sull'aumento dell'astensionismo. Ma si inizia a intravedere una reazione, almeno di una parte della popolazione, alle politiche della destra. Si avverte una domanda di opposizione coerente, anche coesa, sapendo che nella dinamica politica la coerenza ai propri principi va bene ma non paga se impedisce di costruire alleanze e punti di condivisione. Penso ai diritti civili e di libertà, al diritto di manifestare, alla parità di genere.

«Rispetto alla guerra, la rassegnazione non è ammessa, ma il pessimismo è una cifra con la quale ci dobbiamo misurare»

E penso alla solidarietà generale, al contrasto alla guerra. Sta riprendendo coscienza la questione sociale: non si è credibili agli occhi delle classi più disagiate se non si torna ad avere un progetto concreto per chi lavora e paga le tasse. Cito pochi esempi: sanità, salario minimo, pensioni. Bisogna battersi tutti insieme: chi fa sindacato - e quindi ha una funzione sociale - e chi fa politica - e quindi ha una funzione istituzionale. Avendo sempre la barra dritta del contrasto alle disuguaglianze e con l'aspirazione alla giustizia sociale, che significa rompere i rapporti di forza consolidati e invertire alcune tendenze, soprattutto nel campo dei diritti di cittadinanza, quindi istruzione, sanità, servizi pubblici.»
Pace!

» Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente sembrano non trovare soluzione: si può pensare a una tregua he imponga la ricerca della pace ppure dobbiamo rassegnarci a con vivere con morte e distruzione?

«La rassegnazione non è ammessa, ma il pessimismo credo sia una cifra con la quale ci dobbiamo misurare. C'è un indebolimento dei luoghi e delle istituzioni deputati alla ricerca di risoluzione pacifica e di diplomatica mediazione istituzionale. E sta crescendo in Europa la corsa, anche dei singoli paesi, agli armamenti, all'aumento delle spese militari. Questo significa che la politica sta scegliendo l'opzione della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. E ciò è in aperto contrasto con l'articolo 11 della nostra Costituzione. Non si ode alta e forte, come invece avveniva negli anni passati, la voce del popolo della pace. La ricostruzione del pensiero di una sinistra autentica di una prospettiva progressista e unita passa anche dal tema della pace. Certo, è difficile essere ottimisti, però dobbiamo continuare a insistere e a percorrere tutte le strade che conducano a un punto in cui le mediazioni siano possibili.»

LIBERETÀ SETTEMBRE 2024