L'EDITORIALE
di Lorenzo Mazzoli segretario Spi Cgil nazionale
UNA CAMPAGNA
CAPILLARE
Nei momenti del bisogno finanziario il governo si ricorda degli oltre sedici milioni di pensionati e interviene mettendo mano al loro diritto di vedere riconosciuta la legittima rivalutazione delle prestazioni pensionistiche
Per il biennio 2023/2024 il governo Meloni - peggiorando il sistema di perequazione delle pensioni di importo superiore a quattro volte il minimo - ha fatto cassa grazie a un taglio di sette miliardi di euro, che peserà per migliaia di euro sulle prestazioni di poco superiore ai 1.600 euro netti. Un taglio deciso unilateralmente in spregio alla più elementare correttezza delle relazioni tra le parti, e che sarà definitiva, senza che neanche un euro di quelle risorse sia stato utilizzato per sostenere il sistema previdenziale.
Servirebbe, invece, un piano che guardasse al presente e al futuro, partendo, appunto, dalla tutela del potere d'acquisto di chi è in pensione, e prendesse di petto quelle criticità già in atto, e che si aggraveranno nel tempo, come il sensibile calo demografico, l'invecchiamento della popolazione, la bassa natalità, il lavoro fragile, la diminuzione degli ingressi e l’aumento delle uscite dal mercato del lavoro, il Pil debole. Di fronte a storie lavorative fragili (discontinuità e bassi salari anche dovuti a part time involontari che colpiscono in particolare giovani e donne), uno Stato serio dovrebbe porsi un imperativo: garantire una vita dignitosa a milioni di suoi cittadini che vivono la terza e quarta età.
L'attuale equilibrio del sistema previdenziale pubblico è delicato e va aiutato a consolidarsi, viste le differenze tra i fondi. In equilibrio è quello dei lavoratori dipendenti privati, mentre difficoltà incontrano quelli dei lavoratori pubblici e dei lavoratori autonomi. L'intervento attuale della fiscalità generale è importante soprattutto per quanto riguarda la parte previdenziale/assistenziale. La lotta all'evasione fiscale e contributiva e l'allargamento della base imponibile, cioè della platea di chi deve partecipare al gettito fiscale, sono decisivi. È inaccettabile che l'Irpef venga pagata per il 90 per cento da lavoratori e pensionati. La partita fiscale, quindi, rimane decisiva e per questo sarà oggetto di approfondimenti e azioni di mobilitazione. Servono risorse e bisogna distribuire la contribuzione in modo più equo, anche affrontando lo scandalo che chi evade o non dichiara quanto dovrebbe è anche esentato dalle imposte regionali e locali. Ma la direzione verso la quale si muove l'esecutivo di destra è esattamente contraria, con tagli alla spesa pubblica, flat tax e concordato preventivo per gli autonomi e sottrazione di risorse ai pensionati.
È necessario riposizionare in piena luce il sistema previdenziale uscendo dai discorsi e dal linguaggio dei e per gli addetti ai lavori e degli esperti, pur sapendo che si tratta di materia complessa. È il momento di avviare una campagna di informazione e orientamento su questo argomento, puntando anche al coinvolgimento degli studenti medi e degli universitari. Dobbiamo far sì che, insieme al tema del lavoro e del suo valore, si consideri anche quello della pensione. In un regime previdenziale contributivo, per carriere lavorative normali le due cose sono inscindibili fin dal primo giorno di lavoro. La pensione di garanzia contributiva non è la soluzione, ma un necessario paracadute per le eventuali difficoltà incontrate nella vita lavorativa in grado di dare una risposta "minima" a questi lavoratori. Dopo l'introduzione del sistema contributivo e della flessibilità in uscita prevista dalla riforma Dini, la previdenza integrativa è sempre stata intesa da noi come "seconda gamba" di sostegno del sistema. Per questo deve continuare a essere complementare al pilastro pubblico, essenzialmente negoziata, con una dimensione collettiva, pur in una scelta individuale, e caratterizzata da forte equità. Vanno scongiurati conflitti intergenerazionali e tra settori lavorativi. L'operaio metalmeccanico che negli anni Settanta ha lottato per i diritti, da pensionato "retributivo" non può trovarsi nella condizione paradossale di diventare il nemico del lavoratore "contributivo". Il "retributivo" non era un privilegio. Il "contributivo" non è una condanna. Per entrambi la qualità del lavoro è decisiva.
In questo quadro,In questo quadro, la rivalutazione del montante contributivo e i coefficienti di trasformazione sono necessariamente gli elementi da considerare per intervenire sul sistema pensionistico per dare maggiore respiro agli elementi di equità. In presenza di lavori precoci, fragili, usuranti, gravosi si dovranno considerare correzioni a queste due misure che intervengono nella costituzione dell'entità della pensione e dell'anzianità per la pensione anticipata, tenendo conto delle diverse aspettative di vita delle varie categorie professionali. Perché con differenti speranze di vita e medesimi coefficienti di trasformazione, il sistema rischia di assumere caratteristiche di regressività.
LIBERETA SETTEMBRE 2024