SPI-CGIL Lega 12 - Nichelino Vinovo Candiolo

      

 

Sanità pubblica    
UN PUGNO      
      di spiccioli
   di Giorgio Nardinocchi


L'Italia è ferma. Il Pil è a crescita zero. Interi settori produttivi stanno vivendo una crisi nera. Ma la manovra di bilancio per il prossimo anno, nonostante i proclami del governo e della stampa di destra, non inverte questa pericolosa tendenza. Il problema più grande che resterà ancora una volta irrisolto è quello del finanziamento del sistema sanitario al quale sono destinate risorse irrisorie insufficienti a garantire l'accesso alle cure a tutti i cittadini. Già oggi quattro milioni e mezzo di persone hanno smesso di curarsi.

Una Finanziaria bersagliata da scioperi e manifestazioni non può essere la “manovra più bella della storia” come l'hanno dipinta i giornali della destra. Già oggi l'Italia è ferma. II Pil è a crescita zero, interi settori industriali sono in crisi nera, l'occupazione frena e la povertà dilaga. Tutti dati certificati dall'Istat. E la Finanziaria non inverte questa china pericolosa che porterà il paese a sbattere. Non lo ha detto uno che organizza scioperi, ma l'ex direttore generale della Confindustria, Innocenzo Cipolletta: «Il piano di bilancio di questo governo proietta al 2029 un paese che procrastina tutti i problemi dell'economia senza portare alcuna soluzione».
Per un pugno di spiccioliIl più grande dei problemi che non risolve è la sanità pubblica. Secondo la Fondazione Gimbe quattro milioni e mezzo di persone nel 2023 hanno smesso di curarsi. Due milioni e mezzo l'hanno fatto per motivi economici. Gli altri sono stati costretti a lasciar perdere per le liste d'attesa troppo lunghe e per gli squilibri territoriali. E sì che l'universalità delle cure e la parità dei diritti dovrebbero essere principi irrinunciabili della Repubblica». come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella. Invece non si fa nulla per riportare la Costituzione in corsia, negli ambulatori, nei pronto soccorso. Anzi, si fa di peggio. Con l'autonomia differenziata aumenteranno ancora di più gli squilibri territoriali, come hanno denunciato i sindacati dei pensionati nelle manifestazioni dei mesi scorsi.

Secondo la Fondazione Gimbe quasi 4,5 milioni di persone nel 2023 hanno smesso di curarsi. Due milioni e mezzo lo hanno fatto per motivi economici

La calcolatrice di Meloni. Negli ultimi mesi le condizioni precarie in cui versa la sanità pubblica sono state il motivo di un duro scontro sociale e politico. Non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un presidente del Consiglio, per rintuzzare le tante critiche ricevute, dichiarasse numeri sballati. Prima di depositare il testo della legge di bilancio in Parlamento. Giorgia Meloni dichiarò che per il 2025 avrebbe destinato alla sanità niente meno che tre miliardi e mezzo in più. Le è scappata la frizione, abbiamo pensato li per li. Ma se errare è umano, perseverare è diabolico. E infatti, non paga di averla sparata grossa, qualche giorno dopo si è superata dicendo addirittura che nessun governo prima del suo aveva stanziato così tanti soldi pubblici per la sanità. Accidenti!, ci siamo detti. Poi nell'accogliente salotto del fido amico Bruno Vespa è andata in onda la scenetta di lei che armeggiava con la calcolatrice non riuscendo a fare due più due. E alla fine, la poveretta ha capitolato concludendo sconsolata: «Ho fatto un casino». E in studio tutti a ridere e sghignazzare come con le gag di Maurizio Crozza. Questa è l'immagine che resterà della «manovra più bella della storia». Non il cuneo fiscale, una misura introdotta da Mario Draghi tre anni fa dopo insistenti richieste dei sindacati, anche con uno sciopero generale. Non le pensioni minime che riceveranno appena tre euro in più al mese, dieci centesimi al giorno. E neanche i vari bonus sempre più difficili da ottenere. L'unico settore che veramente beneficerà della Finanziaria è quello delle armi. Per non parlare del fisco. L'acquiescenza verso gli evasori grida ormai allo scandalo a ogni nuovo condono che porta la firma di questo governo. Mentre lavoratori e pensionati nel 2024 hanno sborsato diciassette miliardi in più di Irpef, una tassa che pagano soltanto loro e pochi altri contribuenti onesti. Questi soldi, anziché aumentare le insaziabili spese del ministro della Difesa, dovrebbero tornare a lavoratori e pensionati sotto forma di salari, pensioni, investimenti nella sanità pubblica, nella scuola, per la non autosufficienza.

Oggi bisogna attendere quasi un anno e mezzo per un'ecografia all'addome, 427 giorni per una visita cardiologica e 394 per una visita ginecologica

Le richieste del sindacato. Questo hanno chiesto Cgil e Uil con lo sciopero del 29 novembre. Il loro non è un pregiudizio ideologico, come dicono i giornali della destra. Sono le cifre a dirlo. Al netto di tutte le bugie di questi mesi, il dato vero è che il fondo sanitario nazionale nel 2025 salirà si a 135,35 miliardi, un miliardo e 300 milioni in più del 2024, ma secondo l'osservatorio della Cattolica «ai prezzi del 2000, il finanziamento del Ssn per il 2025 si colloca a un livello più basso, anche se di poco, rispetto a quello del 2010». Se si rapporta il valore reale della spesa pubblica sanitaria con la crescita del Pil siamo fermi al 6,2 percento. «Il valore più basso degli ultimi decenni», precisa la segretaria della Cgil, Daniela Barbaresi, che ricorda come nel 2021 il fondo sanitario fosse al 6,8 per cento del Pil.

Stiamo andando indietro. Germania e Francia spendono oltre il 10 per cento del Pil e gli Stati Uniti addirittura il 14 percento. Se volessimo dunque metterci alla pari con gli altri paesi europei, dovremmo spendere 47,6 miliardi di euro in più. Capite bene che i fondi stanziati nel 2025 sono un pugno di spiccioli. E lo ha timidamente ammesso anche il ministro della Sanità quando ha detto che, per mantenere lo stesso livello di prestazioni, nel 2025 bisognerebbe spendere almeno quattro miliardi in più. Se ne deduce che il livello delle prestazioni e delle cure continuerà a scendere sempre di più.
spesa sanitaria

Il privato si arricchisce. Secondo il Sole 24 Ore oggi bisogna attendere in media quasi un anno e mezzo per fare un'ecografia all'addome, 427 giorni per una visita cardiologica o 394 per una visita ginecologica. Chi ha urgenza di effettuare una visita specialistica o un esame strumentale deve andare a pagamento. Nel 2012 le famiglie che se lo potevano permettere spendevano 11,5 miliardi in prestazioni privatistiche. L'anno scorso ne hanno spesi diciotto, con un aumento del 57 per cento. Ne consegue che privare la sanità pubblica delle risorse necessarie finisce per fare un favore al privato.

Il caso Todi. Era il 4 giugno quando il presidente del Consiglio annunciava il provvedimento "salta code". Sono passati sei mesi ma non è successo niente. Nel frattempo, si smantellano presidi territoriali importanti. Il caso di Todi ha fatto scalpore. L'inviata di Repubblica, Giovanna Vitale, ha raccontato quello che è accaduto. Tredici anni fa aprì l'ospedale che accese una speranza tra la gente della Media Valle del Tevere: garantire cure gratuite e visite specialistiche a quell'ampio distretto che da Todi si spinge fino a Orvieto. E invece, con l'arrivo della prima leghista alla guida dell'Umbria, Donatella Tesei, è stato soppresso il punto nascite, poi la pediatria, quindi la chirurgia d'urgenza e via via (quasi) tutto il resto, fino a trasformare in una scatola vuota l'edificio in mattoni rossi affacciato su un immenso parcheggio, inutile e deserto. Costringendo vecchi e bambini, donne incinte e malati a percorrere decine di chilometri, spesso impervi, pur di ricevere assistenza. «Era un gioiello ricorda con rabbia Giuliana Bicchierari, ex sindaca di Fratta Todina -. Nel tempo, per una precisa scelta politica, è stato depredato dei servizi, del personale, dei macchinari». Quanti casi Todi avremo con l'autonomia differenziata?

LIBERETÀ DICEMBRE 2024