In questi ultimi mesi ha preso corpo una grande mobilitazione culminata (ma non conclusa) con lo sciopero generale del 29 novembre per chiedere il cambio di direzione di una manovra economica dall'impatto insignificante sulla crescita, con caratteri di restringimento del settore pubblico, in particolare, sanità, servizi sociali di prossimità, e con politiche fiscali di stampo neocorporativo il cui peso grava (quasi) tutto sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati.
Sulla previdenza i nodi rimangono ancora quasi tutti da sciogliere. Dopo la risibile propaganda del superamento della Fornero e la sottrazione di oltre sette miliardi alle pensionate e al pensionati per la mancata rivalutazione nel biennio 2023/2024, grazie alle denunce e alle proteste del sindacato contro le prime intenzioni manifestate di voler confermare il taglio del potere d'acquisto delle pensioni, con la manovra 2025 si è evitato lo scempio di un'ulteriore manomissione della perequazione. Pensioni che peraltro, è il caso di ricordare, non sono pienamente tutelate contro l'inflazione nemmeno quelle fino a quattro volte il trattamento minimo (Tm) come è facilmente riscontrabile nel momento della verità, ossia quando andiamo al supermercato e riempiamo il carrello della spesa.
Riforma inderogabile. Detto ciò sulla rivalutazione 2025, rimane l'inderogabilità di una vera e propria riforma del sistema previdenziale. Noi chiediamo al governo di aprire una trattativa che affronti il tema in tutte le sue implicazioni, guardando alle distorsioni presenti e a ciò che accadrà in futuro. Il tasso di sostituzione adeguato tra retribuzione e pensione è argomento legato indissolubilmente alla continuità lavorativa e all'entità della retribuzione (dal 1991 i salari stanno perdendo potere d'acquisto). Stipendi bassi e lavori discontinui minacciano il senso stesso di previdenza, nella banale constatazione che per aver diritto a una pensione decente non si può dilatare all'infinito la vita lavorativa.
GLOSSARIO
Tasso o coefficiente di sostituzione.
È la misura percentuale del reddito da pensione rispetto a quello da lavoro: indica la differenza tra l'ultimo stipendio e il primo assegno pensionistico. Maggiore è questa differenza, minore sarà l'importo della pensione rispetto al reddito da lavoro.
Montante contributivo.
Ai fini della liquidazione della pensione con il sistema contributivo, il montante rappresenta il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni di lavoro sul quale sarà calcolata la pensione. È l'importo complessivo dei contributi versati rivalutati sino al momento della liquidazione della pensione.
Coefficiente di trasformazione.
È un valore, utilizzato nel sistema contributivo, che traduce in pensione annua il montante contributivo accumulato
dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa. È un parametro che varia a seconda dell'età anagrafica alla quale il lavoratore va in pensione.
Il quadro sommariamente descritto evidenzia l'affanno in cui si trova il lavoro rispetto alla distribuzione della ricchezza. E questo vale soprattutto per le nuove generazioni, che stanno conoscendo il volto peggiore della precarietà e dell'incertezza del futuro, e per tantissime donne, costrette a rinunciare alle proprie ambizioni personali per farsi carico della mancanza di forme di sostegno, in particolare dopo la maternità. Una delle questioni da affrontare è la modalità di formazione del "montante contributivo" e del rapporto tra questo e il "coefficiente di trasformazione", quest'ultimo ancora troppo legato all'età anagrafica e molto limitatamente alle condizioni lavorative (onerosità fisica, incolpevole discontinuità del lavoro e della cotribuzione, basse retribuzioni).
Non tutti i lavori sono uguali.
Tale principio andrebbe assunto per definire parametri che riconoscano gravosità e usura quali elementi determinanti
dell'aspettativa di vita, e quindi da considerare per la definizione di tempi e modi del pensionamento. Così come va
riconosciuto il lavoro di cura come funzione socialmente utile e gravoso impegno individuale. Con l'invecchiamento
della popolazione, sempre più di frequente una considerevole parte della popolazione in pensione è costretta a farsi
carico sia dei genitori sia dei nipoti, stretta nel cosiddetto effetto sandwich". Che l'approccio del governo
sul lavoro sia diametralmente opposto e non consideri nulla di tutto questo è dimostrato dall'allungamento volontario
della vita lavorativa in cambio della trasformazione dei contributi in retribuzione. Chi ha un lavoro gravoso o si
trova nelle condizioni sopra descritte, superata la soglia dei 43 anni di contributi difficilmente potrà accettare tale
"scambio". Infine c'è la questione di chi è o sarà titolare di una pensione "non ricca" derivante
da contributi. È necessario intervenire sulla "somma aggiuntiva" (la cosiddetta quattordicesima) aumentandone
il valore monetario e allargando la platea degli aventi diritto. Oggi è riconosciuta a chi riceve una prestazione
pensionistica pari a una volta e mezza il trattamento minimo (Tm): si tratterebbe invece di aggiornare questo importo
innalzandolo a due volte e arrivare poi a tre volte il trattamento minimo. Si tratta di pensioni di circa 1.800 euro
mensili lorde e interamente derivate da contribuzione.
Fiscal drag e forbice fiscale.
A parità di reddito tra prestazione lavorativa e pensionistica sono questi altri due temi da mettere in agenda. Il primo per evitare che la rivalutazione al lordo si trasformi in una penalizzazione al netto. La seconda per ridurre l'ampiezza della differenza derivata dalle politiche per bonus e non di sistema.
Il "cantiere previdenziale" andrebbe riaperto per predisporre, il prima possibile, una struttura che, sulla scorta degli "eventi sismici" che lo hanno colpito a partire dalla riforma del 1995, sia in grado di assicurare la sostenibilità del sistema pensionistico e prestazioni adeguate.
ESEMPI DI RIVALUTAZIONE 2025
(importi lordi in euro)
Mensile 2024 | . | Mensile 2025 | . | Aumento mensile |
---|---|---|---|---|
1.000 | 1.008 | 8 | ||
1.800 | 1.814 | 14 | ||
2.500 | 2.520 | 20 | ||
3.500 | 3.525 | 25 |
PEREQUAZIONE
TORNANO GLI SCAGLIONI
Dal 1° gennaio 2025 la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni è determinata in misura pari a +0,8 per cento. Contrariamente a quanto awenuto nel biennio 2023-2024 non ci sarà il taglio del recupero dell'inflazione. In quei due anni, i pensionati subirono uno scippo di sette miliardi di euro.
Viene dunque ripristinato il sistema di perequazione per scaglioni previsto dalla legge del 2000, poi migliorato dalla legge di bilancio del 2019. Le pensioni sono rivalutate nel modo seguente:
Come risulta evidente dall'insieme degli elementi indicati, la nostra iniziativa sulla tutela del potere d'acquisto delle pensioni rimane di fondamentale importanza. Interventi tesi a colpire pensioni a partire da 2.100 euro lordi mensili (nette di 1.600- 1.700 euro) rappresentano il volto peggiore di chi intende governare defraudando coloro che hanno fatto fino in fondo il loro dovere contributivo e fiscale.